Dal 4 al 20 luglio Asti accoglierà il Festival musicale che da 21 anni è ormai uno dei motivi d’orgoglio della città. Da Capossela a Ezio Bosso, passando per Rocco Hunt e Renzo Arbore, sono tantissimi i big che riempiranno piazza Cattedrale con i loro brani. Ci racconta di più Massimo Cotto, direttore artistico e “padre” di Astimusica.
  • La ventunesima edizione di Astimusica è ormai pronta a partire: puoi anticiparci quali sorprese ci riserverà quest’anno?
Più che di sorprese penso che si debba parlare di consolidamento. Quello che Astimusica vuole offrire ogni anno è la possibilità di assistere a due settimane di concerti, molto diversi l’uno dall’altro per genere e stile, sempre all’insegna della qualità.
  • Una rassegna all’insegna della diversità e del non arrendersi. Questo è il modo in cui hai definito Astimusica 2016.
In un momento storico come quello attuale, durante il quale molti festival e rassegne chiudono, resistere significa esistere e non semplicemente sopravvivere. La diversità è l’ingrediente migliore per non soccombere all’omologazione e all’effetto fotocopia. Un festival ha ragione di essere solo quando è unico e inconfondibile, indipendentemente dal budget a disposizione.
  • Sono in corso anche le selezioni per il Premio d’Autore Città di Asti: a chi è rivolto questo concorso?
A tutti i ragazzi che pensano di avere qualcosa da dire e che non si rassegnano all’idea di vivere senza musica. Oggi, in un mondo governato dai talent, abbiamo smarrito il senso più bello delle cose, che è avere sempre un palco su cui suonare, non necessariamente e non soltanto uno studio televisivo.
  • Astimusica è un appuntamento ormai imperdibile per la città e non solo. Qual è l’idea che ha dato origine, tanti anni fa, a questa rassegna?
Ventun anni fa ad Asti non c’era nulla di musicale e quando parlavo dell’idea di questo festival tutti reagivano con scetticismo. Per me la musica non è mai stata il fine ma un mezzo per raggiungere qualcosa. Attraverso la musica possiamo trovare un po’ di benessere o anche solo nella peggiore delle ipotesi un po’ di divertimento.
  • Come direttore artistico della rassegna, cosa rappresenta per te questo evento?
Difficile parlare dei propri figli. Io sono uno che ama inventare e che poi, dopo un paio di anni, preferisce andare altrove. Il fatto che io sia qui da 21 anni è la prova di quanto sia legato a questa manifestazione più che ad altre che ho creato.