Nata con la chitarra e cresciuta con le tastiere, Erica Romeo è un nuovo talento che si fa sempre più spazio nel panorama musicale della nostra penisola. In attesa dell’uscita del suo nuovo album, esploriamo insieme a lei un percorso fatto di scelte, studio, sacrifici e grandi soddisfazioni.
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Il 15 novembre uscirà il tuo nuovo album Beyond the nettles burn, anticipato dal singolo You’re gonna go. Quali temi toccherai in questo nuovo lavoro?
Questo Ep è un concept album incentrato su un unico argomento: crescere e superare gli ostacoli con positività. Ogni canzone affronta un episodio diverso della mia vita, una vita obiettivamente non semplice e ricca di momenti caldi, se così vogliamo definirli. Il filo conduttore che unisce queste storie è semplicemente l’approccio con cui, secondo me, andrebbero superati gli ostacoli: basta piangersi addosso, basta autocommiserazione. Prendi ogni difficoltà come una prova da superare e un traguardo da realizzare. Cresci. “Beyond the nettle burn” è un inno alla vita, alla voglia di andare avanti, con tenacia e positività. E sono molto contenta del risultato, perché il messaggio che vuole dare è forte e coerente con quello che sono.
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Per gli arrangiamenti sei passata dalla chitarra alle tastiere: quali sono i suoni che fanno la differenza nei nuovi brani?
Con il nuovo Ep arriva anche un nuovo sound, maturato da un anno e mezzo a questa parte e già abbozzato anche se lontanamente in White Fever. Ho smesso di scrivere con la chitarra perché mi riconduceva sempre verso un mondo folk e distante da ciò che volevo fare: così ho acquistato una tastiera e ho studiato. Il nuovo sound è molto elettronico e pop e, sono sincera, mai avrei pensato negli anni scorsi di sfornare un prodotto del genere. Nel nuovo album il basso è suonato e fa molto, così come i sinth e i suoni campionati. Abbiamo anche deciso di trattare la voce in maniera diversa e di sperimentare.
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Hai scelto l’inglese per i tuoi testi: in che modo questa lingua ti aiuta ad esprimere quello che hai dentro?
La lingua inglese è veloce, con poche parole puoi descrivere concetti estesi e si sposa perfettamente con il mio modo di creare melodie. Ci pensavo qualche giorno fa: molte persone credono che la lingua inglese sia povera, mentre nella realtà è una lingua ricca di modi di dire, fra l’altro molto poetici, espressioni e slang. Ogni volta che scrivo un testo, è interessante approfondire e cercare espressioni idiomatiche che possano descrivere perfettamente quello che volevo dire. Mi trovo assolutamente molto più a mio agio, evidentemente sono un’anglofona mancata!
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Hai calcato palchi importanti, dal Meeting del Mare al Carroponte. Dove sogni di fare un concerto tutto tuo?
Sì, 2015 e 2016 sono stati due anni belli pieni di soddisfazioni che mi hanno divertito parecchio. Gli obiettivi per il futuro sono sicuramente lo Tziget Festival e il Primavera Sound Festival di Barcellona. Amo particolarmente i festival, lo ammetto.
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Credi che il panorama odierno, fatto di talent show e social network, possa rappresentare un’opportunità o un ostacolo per un artista emergente rispetto al passato?
È una domanda difficile che apre tante parentesi e che mi mette anche un po’ di ansia, sono sincera. È risaputo che il mercato musicale sta vivendo un momento di chiusura impressionante: la crisi economica ha sicuramente dato del suo e le Major non vogliono più correre il rischio di investire su progetti fallimentari. Con i talent le aziende vanno sul sicuro, perché il marketing e il prodotto sono creati dal talent stesso e loro si limitano a sfruttare ciò che è stato creato, collocandolo nel mercato. Ci sta, potrebbe essere una via. Il problema è che in Italia c’è solo questa via, che porta con sé poca meritocrazia, tante storie strappalacrime e poca musica. Il web è un altro strumento particolare: porta al successo persone che non hanno mai fatto un concerto in vita propria se non nel salotto di casa, ma che sono bravissime a vendersi, e taglia le gambe ai talenti veri non avvezzi a questo strumento. Il problema reale è che ormai il musicista o l’artista non deve più limitarsi a fare solo musica, ma deve essere imprenditore di se stesso a 360 gradi: studiare marketing, avere nozioni almeno basilari di grafica ed essere pronto a mettersi in gioco totalmente.