Quasi mai è il titolo dell’album d’esordio di Giorgio Moretti, cantautore romano di 24 anni che già promette molto bene. Il suo nuovo progetto, nato nel periodo di lockdown dello scorso 2020, è dedicato a chi vive di emozioni. Pop, ma anche accenti dance e melodie sognanti: questo molto altro è la musica di Giorgio Moretti, che in esclusiva si confessa e presenta a JamSession 2.0.
Il tuo disco d’esordio è fuori: come ti senti?
Emozionato è una risposta banale? Scherzo. Devo dire che nel momento dell’uscita ho vissuto un’emozione davvero forte per il lancio dell’album, perché solo in quel momento ho realizzato che era veramente fatta e che tutto il lavoro degli ultimi mesi era diventato reale. Però devo dire che questa emozione ha lasciato un po’ di spazio anche alla malinconia: ripensando a quando ho iniziato a comporre le canzoni dell’album, mi fa un po’ strano pensare di non poter condividere come vorrei questo progetto. Speravo di suonare e cantare davanti a più persone possibili le emozioni di questo album. E adesso vivere questa condivisione artistica solo “telematicamente” è un po’ straniante. Ma sono sicuro che prima o poi ci sarà l’occasione.
Il titolo è Quasi Mai, ma a te cosa è capitato quasi mai?
Quasi mai mi capita di emozionarmi davvero. E penso che il titolo, inteso in questo senso, racchiuda un po’ tutto ciò che ho scritto dentro l’album. Penso che tutte le canzoni siano nate da emozioni fuori dall’ordinario e che avevo bisogno di tradurre in musica e parole per comprendere meglio. Per me parte tutto da lì, se non c’è un’emozione forte non ha senso scrivere.
Arrivi sicuramente da una grande preparazione artistica sia a livello di scrittura che musicale:
è vero che oggi si può diventare qualcuno senza studiare?
Ci sono diversi modi per diventare qualcuno e non credo che lo studio sia l’unica via. Forse la preparazione può generare prodotti certamente più “pensati” o “complessi”. Ma a volte anche la genuinità che nasce da una una persona spontanea senza sovrastrutture può essere altrettanto efficace. Penso che il senso sia alla base, come dicevo prima: basta che tutto nasca da un’emozione vera.
Il tuo primo album è stato seguito da Meiden, produttore di alcuni brani di Rancore.
Quanto è importante scegliere un compagno di lavoro di successo?
Io e Meiden ci siamo incontrati per caso. Io ero in cerca di un produttore da tanti mesi, proprio perché volevo scegliere con cura il mio compagno di viaggio. Con lui ci siamo trovati alla grande sin dall’inizio e ho apprezzato molto la sua voglia di sperimentare, con me, su alcuni suoni e sound che non frequentava di solito. Ci siamo sicuramente influenzati a vicenda nel corso del progetto.
In circolazione, complice anche il web, ci sono tantissimi emergenti, come vivi tutta questa concorrenza caotica?
Come ho detto prima tutto questo mondo telematico, soprattutto per chi esordisce, è straniante, e il fatto che tutte queste piattaforme digitali abbiano dato a tutti la possibilità di pubblicare musica crea una concorrenza mai vista prima, questo è vero. Però, se devo vedere l’altra faccia della medaglia, penso a quanto tutto ciò contribuisca a creare negli artisti un’identità sempre più personale e unica. Proprio perché è comunque un sistema libero, almeno all’apparenza, ognuno ha la possibilità di fare musica nel modo che vuole.
Hai un tuo mantra, una frase cardine, un aforisma che ti rispecchia o ti dà la carica?
“Non chi comincia, ma chi persevera”. È una frase di Leonardo Da Vinci che ho letto ieri per caso. Però sembrava proprio un monito perfetto pochi giorni dopo l’uscita del mio primo album
Con chi ti piacerebbe collaborare tra gli artisti del panorama attuale nazionale?
Ci sono tanti artisti che stimo, ma se dovessi scegliere un personaggio che nella mia vita e nel mio modo di fare musica è sempre stato presente, direi Niccolò Contessa, che oltre a tutto ciò che ha scritto con iCani credo sia uno dei produttori più originali in circolazione