Giulia Mei è una perla rara, compone canzoni dai testi raffinati ispirandosi ai più grandi cantautori italiani.

Il cantautorato non è morto, anzi è più vivo che mai e appartiene ai giovani come Giulia Mei.

 

E’ uscito il tuo nuovo album “Diventeremo adulti”. Cosa significa per te diventare adulti?

Gran bella domanda! E soprattutto… diventeremo adulti? Io non sono certo sicura di saperlo, e quel “Diventeremo adulti” che fa da titolo al mio album più che una certezza, è una grande, immensa domanda. Forse diventeremo adulti quando impareremo a vivere, per davvero, rispettando la nostra vita e quella altrui o, volendo citare un brano del mio disco, “quando avremo la decenza di toccarci finalmente, senza opporre resistenza” (Kundera).

L’ispirazione stilistica musicale è chiara. Sei fortemente influenzata dal cantautorato italiano e ne è un chiaro manifesto la prima canzone che apre il tuo album “Tutta colpa di Vecchioni”. Perché è tutta colpa sua?

In realtà non è solo “colpa” sua, sono tanti gli autori che hanno ispirato il mio modo di scrivere e che hanno accompagnato la mia crescita musicale. Vecchioni è però senz’altro uno di quelli che più mi hanno influenzato e così, in questo brano, che io amo definire canzone-manifesto, lo omaggio citando il tema della sua famosa “Voglio una donna”,  ma in realtà Vecchioni non è l’unico ad essere omaggiato nel brano: ci sono anche dei riferimenti, nascosti, ad autori come Guccini e Lolli. Diciamo che “Tutta colpa di Vecchioni” è la manifestazione di come la mia musica sia legata alla “vecchia scuola” ma in realtà si affacci inevitabilmente al presente e al futuro.

Il tuo album è un mix di allegria e malinconia ed il pianoforte è un degno compagno dentro questo viaggio musicale. Pianisticamente a chi ti ispiri?

Nel mio modo di suonare c’è davvero tantissima roba, si va da Chopin a Tori Amos, passando per Vinicio Capossela e da Bach. In realtà, poi, il contributo che il pianoforte da, cambia di brano in brano, ogni canzone è un mondo nuovo, e il pianoforte è un satellite che non deve mai sovrastare questo mondo, ma solo valorizzarlo.

Trovo che le tue canzoni sarebbero perfette per un bel film italiano d’altri tempi, tipo Il postino. Il cinema influisce sui tuoi lavori? E se sì, c’è una o più canzoni nel tuo album ispirate a qualche colonna sonora?

Intanto ti ringrazio. Che una mia canzone possa fare parte della colonna sonora di un film, ti confesso che è uno dei miei più grandi sogni. Ad esempio “La Bellezza” (traccia 4) è uno di quei brani che potrebbe raccontare molto, così come “Iu c’àiu a tia” (traccia 11), canzone in dialetto siciliano che mi è sempre sembrata adatta a un qualche film di Ficarra e Picone, magari per una scena malinconica. Amo il cinema, pur non essendo una grande cinefila e mi capita spesso di scrivere pensando a delle immagini o delle scene, proprio come fanno i compositori di colonne sonore o di “visualizzare” il videoclip di un brano prima ancora che il brano sia finito. Quindi sì, credo di avere una qualche “attitudine cinematografica” e spero davvero che un giorno un mio brano possa accompagnare qualche bella scena.

La musica è un accompagnamento in grado di far risaltare i tuoi testi e la tua voce. Proprio per questa ragione mi è parso di riconoscere dei riferimenti al celeberrimo libro “Il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry. E’ così o ho preso un abbaglio?

Bravissima! Ebbene sì, ne “La 600 (tutta rotta)” c’è un riferimento a “Il piccolo principe”, uno dei libri più importanti della mia vita, e in particolare alla sua rosa, una delle immagini dell’amore più belle mai scritte da essere umano. Ti ringrazio di cuore per aver notato questa cosa!

Nelle tue canzoni musicalmente più allegre, come “La 600 (a tutta rotta)” mi ricordi De André. Qual è la caratteristica che invidi di più al De André?

Questo è un complimento meraviglioso, dato che giudico De André una sorta di divinità. Diciamo che, oltre a invidiare a De André il fatto di essere stato De André, ovvero il più grande cantautore italiano di sempre, credo che una delle cose più incredibili che “invidio” alla sua arte sia stata quella di  riuscire a scrivere di temi importantissimi, difficilissimi e spesso durissimi con una leggerezza ineguagliabile, solo De André ha potuto cantare, in una canzone dalle armonie giocose e dal ritmo fresco e incalzante come “Volta la carta” parole che recitano “paga il riscatto con le borse degli occhi/ piene di foto di sogni interrotti”. E’ una cosa difficilissima da fare, una cosa che possono fare solo i grandi, una cosa che, in questo modo, ha potuto fare solo De André.