Little Pieces of Marmelade, duo arrivato in finale ad XFactor sotto la guida attenta di Manuel Agnelli, oggi si svela a Jam Session 2.0 in un’intervista esclusiva. Irriverenti ma autentici e easy, giovani ma che sanno il fatto loro e pronti ad imparare. Perché questo nome d’arte, il talent show e il dietro le quinte, i social, i fan e di tanto, tanto altro abbiamo parlato con loro.
Little Pieces of Marmelade: come mai questo nome?
“Il nome Little Pieces of Marmelade viene dal film Jay e Silent Bob dove per marmellata intendono merda, piccoli pezzetti di merda! Ed è marmelade, con la E, per far vedere che non siamo di Portland”.
Siete conosciuti al grande pubblico grazie all’esperienza ad XFactor: siete arrivati in finale. Cosa avreste fatto senza questo programma TV?
“Senza XFactor saremmo restati in provincia a mandare 200 mail al giorno a etichette, uffici stampa e promoter per cercare di suonare e di emergere in ogni maniera. È così”.
Cosa vi manca di più di quell’esperienza? Cosa no?
“La cosa che ci manca di più di quella giostra infinita è forse il fatto di essere sempre serviti e riveriti, sul palco e fuori ci trattavano come trattano le grandi rock star. Per fortuna non ci siamo abituati e quindi è anche la cosa che non ci manca”.
Cosa vorreste dire ora a Manuel Agnelli? Qualcosa che non gli avete mai detto…
“A Manuel vorremo dire che gli vogliamo tremendamente bene e che è stato fondamentale per noi. E anche che ci ha fatto sentire sempre a casa anche in un talent come quello. Ha un cuore enorme Manuel. Non lo vediamo semplicemente come il musicista gigantesco che è ma come una persona di famiglia e non vediamo l’ora di iniziare a lavorare insieme per il nostro primo disco in italiano”.
Raccontateci qualche dietro le quinte?
“Un dietro le quinte da raccontare è stato quando abbiamo festeggiato la finale di XF insieme agli Afterhours e tutti i giudici, produttori e autori del programma. Era finita la sfida e finalmente si sentiva l’aria di festival , di musica, di vita e non di talent televisivo”.
Qual è il vostro rapporto con i social network?
“Il nostro rapporto con i social è totalmente psichedelico e fuoriluogo, a volte, specialmente durante la nostra permanenza in TV. Siamo stati segnalati varie volte da Instagram per contenuti spinti, abbiamo ancora un blocco alla possibilità di vendere il nostro merchandise per aver violato qualcosa che non sappiamo, forse con una bestemmia. Per promuovere il tour però abbiamo voluto affidarci a un’ ‘angelo custode’, la stessa persona che lavora con Manuel. Volevamo evitare di essere bannati al primo tour”.
Qual è la cosa più brutta che un fan vi ha scritto? E la più bella?
“Sarà difficile da credere, ma non ci hanno scritto mai cose brutte i nostri fan, solo cose bellissime e commoventi. Sapere che qualcuno compra una chitarra o una batteria e il primo brano che impara è One Cup of Happiness per noi è la cosa più bella del mondo”.
Avete registrato sold-out in diverse vostre date del tour: l’avreste mai immaginato?
“Ancora non ci capacitiamo di questi sold-out, siamo felicissimi. A Macerata un po’ ce lo aspettavamo, suonando così vicino casa, ma Desio e Modena sono state due bellissime sorprese, siamo carichissimi per questo! E a fine concerto ci teniamo sempre a ringraziare i fan, uno a uno!”
Quale palco vorreste calcare?
“Volevamo l’Alcatraz e l’Alcatraz è arrivato (ndr: 10 marzo 2022). È un sogno che si avvera ma fino a quando non saremo in camerino a scrivere la scaletta non riusciremo a realizzare la cosa. Vorremo calcare dei palchi enormi, sia nazionali che internazionali, vogliamo suonare ovunque. Vogliamo tutto!!!!”
Qual è il brano, vostro, che più vi rappresenta?
“Ora come ora forse proprio Digital Cramps: furioso, veloce, cool, incazzato, caldo come ‘sta cazzo di afa!”
Cosa pensate della scena musicale odierna nazionale?
“Non pensiamo tanto alla scena musicale odierna nazionale, il Mainstreem è sempre la solita vecchia donna incinta di canzonette stupide infarcite di riferimenti da post Instagram di turno. Invece nell’underground stanno le vere figate e possiamo trovare un sacco di musica interessante e nuova. Ma il pubblico del 2021 non ha molta voglia di andarsi a sentire i concerti delle band emergenti nei localetti e supportarle, quindi tutto muore o diventa decisamente più faticoso…”
Credit Photo: Henry Ruggeri