Il tuo ultimo singolo, Quanto era bello, racconta di una serata milanese, di movida e dell’incontro con una ragazza con toni dolci amari. Quanto ti manca la movida? E´ importante, secondo te, per un artista giovane?

“Più che di vera e propria movida questa canzone parla di alcune esperienze vissute a Milano, parlo di una serata al Santeria, un locale hipster di Milano. Parlo di un appartamento in centro, del circolo Ohibò, di un tram serale a Porta Genova. E’ una specie di fotografia di alcuni momenti passati con la persona di cui parlo, momenti spensierati e intensi di quando tutto è possibile. Per rispondere alla domanda più precisamente, penso che mi manchi la vita vera più che proprio la movida di Milano, che tra l’altro non frequento moltissimo passando il mio tempo anche in provincia. Tra l’altro questa parola è stata bandita come la causa di ogni male da marzo a questa parte, a noi giovani non ci manca andare a ballare, ci manca più che altro poter vivere felici e progettare il nostro futuro”.

E la ragazza del brano che fine ha fatto?

“E´ una storia lunga, è stato un po’ imbarazzante dover ammettere di aver raccontato proprio quella storia lì, ma che ci posso fare, questa canzone doveva venire così e doveva essere esplicita e sincera. Insomma, non l’ho detto a questa ragazza ma, dopo quelle serate avevo preso appunti e rime sulle mie note del telefono, e poi è nato il pezzo. ‘Quanto era bello’ è rimasta lì, nel cassetto, la sentivo troppo personale, non doveva uscire secondo i miei piani però poi il mio editore mi ha detto che era figa, che avremmo dovuto fare l’arrangiamento e mi sono deciso”.

Hai diversi brani all’attivo e sicuramente tanti ancora non pubblicati. Ci sono altri eventi o incontri, magari strani, particolari o divertenti che ti hanno ispirato?

“Sicuramente in ogni canzone parlo di qualcuno. In Glovo, che è uno dei miei primi singoli, dico che c’era un tizio che cantava il rap, ed è vero. Mi ricordo che ero al colloquio per iniziare il lavoro e c’era questo ragazzo africano che cantava e ballava canzoni rap mentre aspettava il suo turno di colloquio. Mi ha fatto sorridere e mi è rimasto impresso. Scrivo così di solito: se mi colpisce qualcosa, una persona, una giornata, un particolare, mi sembra un peccato non inserirlo in una mia canzone”.

Hai un background molto nutrito, per esempio sei diplomato al conservatorio, hai studiato musica a Boston e hai vinto diversi premi: qual è stato l’episodio che più porti nel cuore?

“Dei periodi del conservatorio, più che degli esami andati bene, ne ricordo uno andato male ed è quello di cui parlo in Quanto Era Bello. Forse anche nella vita gli esami andati male ti insegnano di più di quelli andati bene. Comunque non so perchè ma dire che hai studiato non è cool in Italia, o forse mi sbaglio ma ho spesso pensato questo. Comunque il conservatorio è stata la mia seconda casa per molti anni, ho fatto dei sacrifici per finirlo e ne sono fiero”.

Se ti dico Sanremo?

“Perché no, nel futuro ci farò un pensiero”.

Se invece ti dico reality o talent show?

“Non so se mi piace molto il concetto, però capisco il potenziale mediatico”.

Hai una passione per il busking, cioè ti esibisci per strada e lo hai fatto in tutta Italia. Dove ti sei sentito più a tuo agio?

“Lo faccio da anni e mi sta mancando tanto non poterlo fare. Comunque Bologna e Torino mi sono piaciute molto da questo punto di vista. Anche Milano, se penso alla sensazione di cantare in Duomo o in Corso… mi sembra troppo bello”.

Ti piacerebbe collaborare con qualche artista del panorama musicale attuale?

“Ci sono molti artisti italiani che stimo, anche di generi diversi dal mio. Tra questi per farti due grandi nomi i Mellow Mood e Rancore. Però ho ho ricevuto una chiamata ieri e ho scoperto, super felice, che ci saranno dei musicisti con i fiocchi a suonare e registrare sui miei pezzi in futuro, roba da pelle d’oca”.