Romana, giovanissima: Matilde G., la protagonista di questa intervista in esclusiva per Jam Session 2.0.

Matilde G. Come ti presenteresti a chi non ti conosce?

“Ho sedici anni, sono di Roma ma vivo a Singapore. Scrivo e canto canzoni  che parlano dei miei pensieri di teenager. Il mio genere attuale è l’elettro-pop con un po’ di rap melodico, ma mi sento nei miei panni anche nel pop classico. L’anno scorso mi ha notato sui social un’etichetta svedese che ha una sede qui a Singapore e che lavora con artisti internazionali di primo piano. Così ho firmato il mio primo contratto discografico e ho iniziato a collaborare con songwriters di esperienza. Oggi qui in Asia i miei brani sono stati presi in licenza da grandi etichette, tra cui la Universal Music in Malesia e India. Sono molto eccitata per queste belle esperienze che rappresentano la base di partenza del mio viaggio nella musica”.

Hai studiato molto, hai varie competenze in ambito musicale: credi che se non lo avessi fatto oggi avresti potuto raggiungere gli stessi livelli?

“Gli studi di musica sono stati essenziali. Con il talento ci si nasce, ma se non si coltiva con lo studio rischia di rimanere acerbo. I produttori, i songwriters e i musicisti con cui mi trovo a collaborare sono persone di altissima professionalità e mi è stato utile avere delle basi per confrontarmi con loro. Oltretutto studiare canto serve a proteggere la voce da danni alle corde vocali, quindi vale la pena di applicarsi”.

Sei stata anni anche a Singapore e hai avuto buon successo. Come vivono lì la musica rispetto a noi?

“Singapore è un paese che adoro e dove vivo felicemente. La sua popolazione è di circa 5 milioni di abitanti su un territorio limitato e la sua storia è molto recente. Queste premesse per dire che in campo artistico gli manca il nostro background fatto di diversità e storia. Oltretutto il sistema scolastico e l’educazione familiare rigidi non facilitano l’attecchire della creatività, se devo essere onesta. Malgrado ciò Singapore ama la musica e prima del covid ogni locale ospitava regolarmente esibizioni live di artisti. Qui il pop internazionale riveste una parte limitata del mercato, mentre gli artisti locali cantano un pop melodico in cinese, vagamente naif, abbastanza lontano dal gusto internazionale. Di rap e trap se ne sente poco”. 

Credi che molti artisti italiani, magari emergenti, potrebbero avere più successo all’estero piuttosto che qui? Perché?

“Non esiste una ricetta per il successo. Guarda i Maneskin che partendo da Roma sono arrivati alle classifiche mondiali e a un meritato successo globale. Certamente l’Italia sta vivendo un momento di forte recessione e girano pochi soldi da investire in progetti di artisti emergenti. Personalmente non credo che avrei avuto le stesse opportunità in Italia, ma chi può dirlo”. 

Cosa può determinare il successo all’estero? Cioè che tipo di musica, di personalità piace di più? 

“Per avere successo all’estero credo che occorra cantare in inglese e farlo senza un accento straniero. Il pop internazionale è il genere che fa muovere l’industria musicale. I settori di nicchia possono avere il loro perché, ma non ne ho esperienza diretta. La creativita italiana piace. Saper ballare aiuta (sto cercando di imparare) come anche la cura della propria immagine”.

E´ fuori il tuo ultimo singolo,  Milk N’ Honey, in inglese, raccontaci di più di questo pezzo. 

“Milk n’ Honey è un brano scritto per esprimere la mia voglia di adolescente di sentirmi adulta, di vivere in libertà e leggerezza, senza essere soggetta alle limitazioni che vengono imposte dalla famiglia, dalla scuola, dal giudizio degli altri. Parlo di come mi piacerebbe salire su una macchina sportiva e viaggiare per il mondo, da Parigi a Pechino, in compagnia di un bel figo :))) È una provocazione leggera e allegra a chi vede noi adolescenti ancora come bambini”.

 

Qual è ad oggi il tuo brano che meglio ti rappresenta?

“Il  brano Cup of Tea parla del mio desiderio di diventare una popstar. L’ho scritto da sola, senza nessuna collaborazione con altri songwriters, l’ho registrato a casa durante il lockdown e il video è fatto con l’iphone.  Mi rappresenta molto”.

E una canzone che oggi hai in testa?

“Dancing with the Devil di Demi Lovato, ho fatto la cover oggi e non nascondo che mi è scesa qualche lacrima. E’ un’artista capace di arrivare alla gente”.

Cosa ne pensi di Sanremo e delle manifestazioni canore, anche meno conosciute, italiane? A quale vorresti partecipare?

“In Italia abbiamo tante bellissime manifestazioni canore storiche, palchi su cui e’ stata cantata la musica che ha fatto storia. Sanremo e’ un tempio più che un palco e sarei onorata di poter partecipare ad una manifestazione così carica di significato”. 

Progetti futuri?

“Crescere, migliorarmi, divertirmi, fare esperienze cercando di non dimenticare che la parte più bella e’ il viaggio e non l’eventuale arrivo”.