“L’Inganno” è il singolo con il quale i Karbonica hanno presentato al pubblico il loro album d’esordio, “Quei Colori”. Dalla scena live siciliana, la band inizia ad essere sempre più presente nel panorama del rock italiano, con grandi progetti che arrivano fino a una delle band più rappresentative di questo genere nel nostro Paese, i Litfiba.
Ecco come ci raccontano l’essenza della loro musica.
  • L’Italia come “secondo mondo” è il punto di partenza per un viaggio intorno a quel globo fatto di potere, crisi economica e talent show. Un’esigenza di cambiamento che nasce e cresce in maniera dirompente nel vostro nuovo album. Come avete tradotto in musica tutto questo?
Non potendo cambiare quello che spesso ci viene imposto, giorno dopo giorno, osservando i fatti, ascoltando le notizie provenienti da lontano e da vicino, vivendo in un contesto capace di ispirare qualsiasi mente pensante, abbiamo in modo istintivo e istantaneo buttato fuori tutto. Potevamo dire altro, ma abbiamo scelto di presentarci con questo abito. Alcune cose non si possono cambiare, ma stuzzicare le coscienze e consapevolizzare tutti, circa la realtà dei fatti, è di certo un buon punto di partenza.
  • Al forte grido sulle tematiche sociali, si alternano parentesi sentimentali e altre autobiografiche, come nel brano “La tua città”. Com’è nato?
Nel 2007, in estate, un periodo della mia vita abbastanza sereno e spensierato, erano gli anni dell’università. Nel mezzo di una tranquilla estate, in seguito ad un incidente stradale, un caro amico è venuto a mancare. Tanti sentimenti, alcuni tra loro in contrasto, tanti pensieri, discorsi su progetti futuri, nell’illusione forse di essere eterni, illusione di tanti uomini su questa terra, è giunta la consapevolezza di un fatto, che ha di certo cambiato in me la prospettiva di tutto, soprattutto del tempo, dei sogni e dei desideri. Siamo abituati a contare tutto, i soldi, gli impegni, i minuti, ma la vita è inquantificabile e soprattutto dopo di essa, cosa ci aspetta?
  • Il rock italiano è oggetto di numerose critiche, probabilmente a causa delle diverse contaminazioni che lo attraversano. Queste stesse influenze possono al contempo impreziosire un genere che trova la sua identità nelle corde di chi lo suona. Sono proprio “quei colori” che caratterizzano il vostro album?
Decisamente si. Forse però oggi la critica dovrebbe rivedere diversi concetti, partendo proprio dai generi musicali. È davvero utile e necessario distinguere la musica per generi? Di muri in questa società ce ne sono già abbastanza. Discriminare ciò che artisticamente non è radical chic è il peggiore degli errori intellettuali. Semmai occorrerebbe distinguere il bello dal brutto, il musicale dal non musicale, il talento dal degrado artistico e culturale, coscienti del fatto che qui entra in gioco la soggettività. Il rock italiano è forse fuori moda, alcuni oggi preferiscono essere “alternative”, ma il concetto stesso di alternative va rivisto, in quanto quasi la totalità degli artisti underground dicono di fare questo, finendo spesso per fare un diverso pop, che poi significa popolare. Di conseguenza oggi diventa alternativo ciò che non è indie/alternative, come noi.
  • Parliamo di voi: la vostra musica nasce nel sottobosco artistico catanese e si diffonde in tutta la Sicilia, affacciandosi oltre lo Stretto. Quanto la terra da cui venite è presente nelle vostre canzoni?
La nostra terra sta dentro a tutto il disco. Forse ci possono rimproverare l’eccessiva rabbia, ma brani come “La tua rivoluzione”, sono la presa d’atto del degrado politico e amministrativo, in primis nella nostra terra, bella sì, ma imbruttita fisicamente e moralmente da chi l’ha fino ad oggi amministrata. In “Pezzo d’Africa” ancor di più, la Sicilia è il simbolo del secondo mondo. A volte i suoi abitanti finiscono per dimenticare chi sono e cosa vogliono, guardando con diffidenza chi viene dal mare e non chi li governa. “Lei è musica” menziona un sole, quel sole bellissimo, che quasi tutto l’anno splende sulle nostre teste e che fa parte delle nostre vite, del nostro umore e che alimenta ogni giorno i nostri sogni.
  • Avete vinto numerosi premi e riconoscimenti e siete stati scelti dai Litfiba per partecipare alla registrazione della compilation celebrativa del trentennale di 17 RE. Cosa vuol dire per voi questa importante occasione?
Significa tanto, forse il riconoscimento più significativo fino ad oggi per questa band. Abbiamo sempre fatto tutto da soli, senza l’aiuto di nessuno, quindi trovare qualcuno disposto a spendersi per noi è stato inaspettato e gratificante. I Litfiba hanno selezionato 16 band underground, sulla base delle loro produzioni, una selezione fatta attraverso un contest indetto sui loro canali ufficiali. Vedere il nostro nome tra quei 16, è stato bellissimo, inoltre questo lavoro, pubblicato il 20 novembre 2016 sul sito dei Litfiba, ci ha permesso di arrivare ad un pubblico più vasto, che di certo non ci conosceva. La compilation disponibile in free download è andata a ruba tra i fan del Litfiba, migliaia di download nelle prime 24 ore dalla pubblicazione, tanto da mandare in tilt il loro sito, per più di un giorno. Un po’ tutti i componenti dei Karbonica, in qualche fase della loro vita hanno ascoltato i Litfiba ed è stato fantastico fare qualcosa con loro.
  • C’è qualcuno a cui sentite di dover dire grazie?
Riteniamo di dover dire grazie alle nostre famiglie, ai club e pub che hanno creduto in noi e che indirettamente hanno finanziato la realizzazione e la promozione di “Quei Colori”. Chiaramente un grazie speciale va al pubblico che viene ai nostri live, senza il quale non avremmo intrapreso questo arduo percorso in salita.