Da giovedì 23 luglio è in libreria e in digitale “THE STORY OF LIFE”- GLI ULTIMI GIORNI DI JIMI HENDRIX, il nuovo libro del giornalista e critico musicale ENZO GENTILE scritto insieme a ROBERTO CREMA. Racconto dedicato all’ultimo mese di vita dell’artista (scomparso a Londra il 18 settembre 1970). La prefazione del volume è firmata da LEON HENDRIX, fratello minore del leggendario chitarrista.
 
Facciamo due chiacchiere.

Ciao e benvenuti.

A cinquant’anni dalla morte di Jimi Hendrix avete voluto ricostruire, in 336 pagine, il suo ultimo mese di vita . Un libro che vuole raccontare minuziosamente gli spostamenti, gli incontri e la quotidianità dell’artista arricchito non solo da documenti, interviste rilasciate in quei giorni e da un inserto fotografico di 40 pagine con alcuni scatti inediti ma anche dalle testimonianze di personaggi che hanno voluto esprimere, in esclusiva, il loro punto di vista (come George Benson, Eric Burdon, Paolo Fresu, Pat Metheny, Franco Mussida, Beppe Severgnini, Fabio Treves, Carlo Verdone).

Un bellissimo regalo per tutti coloro che portano ancora nel cuore Jimi Hendrix e la sua musica, ma anche un lavoro intenso, impegnativo e minuzioso per voi che l’avete realizzata.

Raccontateci di più in dettaglio.

Come nasce l’idea e come si svolto l’intero lavoro di ricerca?

In quanto tempo siete riusciti a realizzare l’intera opera?

L’idea nasce dalla curiosità e dalla voglia di far chiarezza, visto che circolano un sacco di versioni contrastanti. Il lavoro di ricerca ha richiesto parecchi anni (Roberto ha iniziato il lavoro di ricerca negli anni ’80) ed è stato svolto consultando, prima di tutto, tutte le fonti ufficiali disponibili (referto autoptico, inchiesta del coroner, rapporto di polizia, ecc. ecc.), poi i giornali dell’epoca che riportano parecchie interviste rilasciate da Jimi in quei giorni, anche interviste personali, nel corso degli anni con vari personaggi chiave come Monika Dannemann, Noel Redding,  Alan Douglas, Eddie Kramer, Kirsten Nefer e altri…

Questo ci ha permesso di scartare varie teorie complottistiche che nel corso delle nostre ricerche si sono dimostrate prive di fondamento, una fra tutte è quella che pretende che Hendrix sia stato assassinato tramite waterboarding di vino rosso…. Dall’autopsia sul corpo di Jimi non ci sono tracce di violenza e nei polmoni c’era solo un po’ di vino bianco.

Il tutto ovviamente viene riportato sul libro

Nella Nota degli Autori del libro leggo:

“Questo libro vuole essere una ricostruzione cronologica, la più rigorosa possibile, sugli ultimi giorni di Jimi Hendrix. Abbiamo volutamente scremato le varie teorie complottistiche, ci siamo attenuti solo ed esclusivamente a documenti ufficiali e fonti attendibili confrontando le varie versioni e i racconti dei testimoni”

Al termine della realizzazione dell’opera, senza svelare troppo ai lettori perché ovviamente invitiamo all’acquisto di questo prezioso libro ricco di sfaccettature, personalmente che idea vi siete fatti? 

Della morte di Jimi? Che fu probabilmente un tragico incidente.

Dalla ricostruzione dei racconti emerge una drammatica verità e anche responsabilità da parte di tutti coloro che in qualche modo sono stati vicini all’artista, che volutamente o meno ne hanno causato la prematura scomparsa come lo stesso fratello afferma. Jimi Hendrix era circondato da veri amici oppure no?

Qualcuno era un vero amico ma per la maggior parte si trattava di personaggi che volevano qualcosa da lui.

Tra tutte le testimonianze che avete raccolto, c’è né una in particolare che vi ha maggiormente colpito o che magari non vi aspettavate? 

La testimonianza che colpisce di più è quella di Monika quando fu intervistata da Roberto nel 1992. Quasi tutti l’hanno descritta come una strega, responsabile della morte di Jimi. Invece è una donna molto dolce e gentile, ancora innamoratissima di Jimi, che non si dava pace per non aver saputo fare di più per salvarlo. Quello che raccontò è tutto dimostrabile dai dati ufficiali, al contrario di altri racconti poi rivelatesi di fantasia… da questa testimonianza abbiamo assolutamente escludo che lei possa esser stata parte di una trama svolta ad assassinare Hendrix.

Sempre dal libro:” Jimi suonava sempre, ogni giorno: per pratica, per gioco, per passione, per condividere. L’importanza dei suoi lasciti si può ben ricavare dall’entità dell’opera postuma: dal giorno successivo all’addio, infatti, cominceranno a spuntare inediti, nastri, concerti, e quella processione, più unica che rara, non è mai terminata.” 

Dall’opera emerge anche una estrema umiltà e senso di inadeguatezza dell’artista, la sua più grande paura forse era quella di deludere il pubblico e i suoi fan più affezionati.

La sfortuna di Jimi Hendrix è stata quella di essere un artista troppo innovativo e forse anche scomodo per l’epoca? Chi gli stava intorno avrebbe potuto valorizzarlo di più? 

Effettivamente Hendrix era un artista molto avanti per i suoi tempi e in certi ambienti conservatori non era certo visto di buon occhio soprattutto per come aveva bistrattato l’inno nazionale americano oltre che per il carisma che aveva sui giovani… Di sicuro chi gli stava intorno avrebbe potuto valorizzarlo di più. Mike Jeffery era il classico avido manager che aveva un occhio solo per gli incassi di botteghino mentre, gli artisti, per lui, erano solo merce da sfruttare fintanto che restavano sulla cresta dell’onda. Jimi avrebbe avuto bisogno di manager come lo fu Brian Epstein per i Beatles che aveva a cuore la crescita artistica del gruppo, così lo fu Chas Chandler all’inizio della sua carriera ma due anni prima Jimi preferì un manager che si lo sfruttasse ma che gli lasciasse fare ciò che voleva in studio senza la rigida guida di qualcuno che lo indirizzasse e valorizzasse, Hendrix voleva fare di esclusiva testa sua negli studi di registrazione… E’ vero che Jimi alla fine si pentì di quella scelta di due anni prima, infatti, il contratto con Jeffery stava scadendo e Jimi in quei giorni stava pianificando di farsi dirigere di nuovo da Chas Chandler e Alan Douglas. Jimi era consapevole dei suoi limiti ed era frustrato dal fatto di non saper leggere la musica e Alan Douglas aveva proprio in quei giorni preso appuntamento per Jimi presso un maestro di musica di New York per insegnargli a leggere la musica. Hendrix aveva grandi progetti e sentiva il desiderio di crescere artisticamente. Sicuramente si, anche per non deludere il pubblico, Jimi sentiva questa responsabilità.

In “The Story of Life” c’è anche una parte interamente dedicata alle numerose battaglie legali per l’eredità dell’artista, ovviamente sempre raccontata attraverso le testimonianze e documentazione da voi raccolta. 

La musica di JH a distanza di anni lascia tutt’ora aperto un forte dibattito ed, ancora oggi, moltissimi giovani chitarristi lo prendono come esempio. D’altronde parliamo di una icona del rock che in pochissimo tempo ha rivoluzionato il modo di suonare la chitarra, cambiando il mondo della musica per sempre. 

Cosa volete aggiungere a riguardo? Jimi Hendrix era fin troppo consapevole del suo breve passaggio su questa vita terrena? Non a caso una sua celebre frase cita così, come se avesse già predetto il suo destino:

«Quando non ci sarò più, non smettete

di mettere i miei dischi.» Jimi Hendrix

…E negli ultimi mesi aveva più volte detto “…non so se arriverò al mio 28° compleanno …”.

Si Jimi a volte toccava l’argomento della morte, forse presagendo che quella pressione esercitata su di lui avrebbe potuto essergli fatale ma più probabilmente era una sorta di richiesta d’aiuto e anche un po’ ad uso, come dire, scaramantico.

Parlando un po’ più di voi. 

Tu Enzo sei, milanese, giornalista professionista, hendrixiano da sempre, occupandoti di musica su più fronti. Hai collaborato a un centinaio di testate, quotidiani, pubblicato una ventina di libri, organizzato mostre e convegni, curato la direzione artistica di vari festival, operato per radio e televisioni; sei anche docente all’Università Cattolica (Master in comunicazione). Dopo Jimi Hendrix (1990), Jimi santo subito! (2010), Hendrix ’68 –The Italian Experience (2018, con Roberto Crema), questo è il quarto volume dedicato all’artista che più ami.

Tu Roberto sei di Varese, collezionista hendrixiano dal 1970, è curatore dal 2008 del blog Jimihendrixitalia.blogspot.it e presidente dell’omonima associazione che promuove vari eventi (concerti, festival, mostre) dedicati al genio mancino di Seattle. Hai collaborato con radio e televisioni a programmi musicali dedicati a Jimi Hendrix. Nel 2014 hai prodotto il documentario Jimi Hendrix, Bologna 26 maggio 1968, presentato al Biografilm Festival. Nel corso degli anni hai collaborato alla stesura di testi dedicati a Jimi sia in Europa che negli Stati Uniti. Tra i tuoi libri Jimi Hendrix in Italia 1968 (2010, con Caesar Glebbeek) e Hendrix ’68 – The Italian Experience (2018, con Enzo Gentile).

Come vi siete conosciuti? Immagino, visto le molteplici passioni comuni, siate entrati subito in sintonia … 

Infatti siamo entrati subito in sintonia, fu più di una decina d’anni fa allo Spazio Oberdan di Milano, durante una rassegna in cui avevo portato dei filmati rari di Hendrix.

Avete in programma nuovi progetti insieme? Cosa vi piacerebbe realizzare ancora per omaggiare nuovamente Jimi Hendrix e la sua musica?

Qualcosa bolle in pentola ma al momento è prematuro parlarne.

Volete aggiungere qualcosa?

Si vorremmo concludere riportando un passo della prefazione del libro scritta dal fratello minore di Jimi Leon Hendrix.

“È vero che in certi ambienti Jimi era malvisto per la sua figura mitica, per l’influenza che esercitava e anche per la sua interpretazione dell’inno nazionale americano: ma ucciderlo per questo?

No, Jimi è stato ucciso da una macchina infernale che lo ha stritolato. Da questo punto di vista sono molti gli assassini di mio fartello: I manager avidi con le pretese di tour estenuanti, i giornalisti assillante, l’opinione pubblica, i fan e le groupie che non davano tregua, i debiti per gli Studios e le cause legali…”

Speriamo che le parole di Leon siano, per i lettori, la chiave con cui poter leggere il libro e per iniziare a staccarsi dai quei falsi miti con cui è stata dipinta la figura di Jimi Hendrix.

Buona lettura

Enzo Gentile e Roberto Crema

Concludo l’intervista, se lo permettete, con un paio di frasi prese sempre dalla Nota degli Autori del vostro libro, belle e significative:

“Jimi e la sua chitarra hanno cercato e desiderato il perturbante, sono stati il corpo e il volto della rivoluzione rock, l’azzardo, ma anche la seduzione seriale, che da quel settembre 1970 si è tramandata fino a noi, e per chissà quanto ancora: un’ossessione, da cui nessun chitarrista potrà mai liberarsi”

“Perché nella musica, come nella verità, non puoi stare
dietro o di fianco: devi starci irrimediabilmente dentro

Saluti.