Compositore e autore, braccio destro di Pierangelo Bertoli e mantovano di nascita e di cuore, Luca Bonaffini torna nella sua città con il suo nuovo spettacolo. Lasciamo che sia lui a raccontarcelo, percorrendo insieme alcuni dei momenti più importanti della sua carriera.
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Tra le stelle di Fellini e i dischi degli Inti Illimani. Questo è il titolo dello spettacolo che presenterai a Mantova il prossimo 9 agosto. Cosa vuol dire esibirti nella tua città?
Tanto. Noi siamo figli della nostra terra e, anche se poi ci spostiamo dalla terra al cielo, improvvisandoci esploratori della vita e dei pianeti, restiamo inequivocabilmente incatenati alle nostre radici. La citazione che titola il mio spettacolo (Tra le stelle etc), è il ritratto della mia generazione nell’Italia del dopoguerra fino agli anni 80. Fino, direi, alla caduta del Berlinen Maurer nel 1989, quando gli equilibri mondiali si sono spostati. Noi, però, tra anacronismi e utopie, siamo ancorati là: tra la dolce vita e il pueblo unido.
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Quali sono i temi che racconti con la tua musica?
Tutti quelli che mi vengono in mente, gli argomenti che sento. Non sono legato alla moda e all’attualità. Non mi interessa parlare di Quarto Grado o dell’Isis nelle canzoni. Preferisco le storie della gente comune che ogni santo giorno combatte per la libertà e per la sopravvivenza.
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Non mancherà un omaggio a Pierangelo Bertoli, presenza importante nella tua vita e nel tuo lavoro. Che ricordo hai di lui e quale eredità ti ha consegnato?
Un’eredità pesante. Non posso certo presentarmi con “Il ballo del qua qua” e spacciarmi per un cantore civile! Però nemmeno per l’erede ufficiale (come ad esempio il figlio Alberto, l’unico che può davvero rappresentare per ragioni di DNA suo padre). Posso far conoscere quello che ho imparato da lui, professionalmente e umanamente: cioè la serietà e l’importanza dell’informazione. Le parole sono forati mattoni con cui costruire case. Ma se le tiri combini dei guai!
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Nel 2015 Mario Bonanno ha pubblicato un libro dal titolo “La protesta e l’amore. Conversazioni con Luca Bonaffini”. Un riconoscimento importante per i tuoi primi 30 anni di carriera. Come l’hai vissuto?
Difficile. Mario è intelligente e preparato e mi ha messo a dura prova. Poi, elaborare la propria storia è sempre faticoso. Soprattutto quando hai un discreto patrimonio di esperienze non sempre positive.
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Parlando di libri, anche tu hai scelto di esplorare questo mondo scrivendo “La notte in cui spuntò la luna dal monte”. Com’è nata questa idea?
Nel 1991 ero il braccio destro di Bertoli. Mi metteva al corrente di quasi tutto e mi coinvolgeva nei progetti importanti. Si presentò la carta Sanremo e provammo a giocarla. Pierangelo non vinse il Festival ma vinse con la gente. E questo episodio mediaticamente sano e unico non potevo non raccontarlo dato che, al momento della stesura del primo testo di “Spunta la luna…”, io ero lì con lui. Una specie di favola, però realizzata!
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I prossimi mesi saranno molto intensi. A seguire hai già in cantiere nuovi progetti o preferisci fare un passo per volta?
Non faccio più previsioni, sono un pessimo veggente. Però sto lavorando molto. E sono certo che nel 2017 me ne inventerò qualcuna di nuova!