Mettevi comodi, chiudete gli occhi e lasciate che “In the cold white desert”, la traccia iniziale del primo cd solista di Elisa Montaldo, possa riverbersi con tutta la sua potenza evocativa nella vostra mente e nel vostro cuore.
Si sentono dei passi nella neve, un silenzio assordante simulato dai synt e un pianoforte che, nella parte sinistra dell`audio, con compostezza e sobrietà, ricama un tema rassicurante, con un leggero velo di synt che contribuisce ad allargare gli orizzonti del paesaggio quasi lunare che si palesa dinnanzi agli occhi della cantautrice e musicista genovese e che, di rimando, sembra quasi materializzarsi davanti agli occhi dell’ascoltatore.
Il tutto, prima che una melodia molto suggestiva, suonata con una serie di sovraincisioni di koto elettrico giapponese (strumento insolito e piuttosto raro), ci conduca all’esplosione dell’ultima parte.
A questo punto si resta…. “Senza parole”, con un piano elettrico fender rhodes e il suo tipico riverbero che cattura l’ascoltatore sin dalle primissime note (è uno dei suoni di tastiera ‘vintage’ tra i preferiti in assoluto del sottoscritto…) e i vari tipi di percussioni ed “effetti natura”, che, dapprima, cominciano ad aprirsi sulla parte sinistra dell`audio, per poi riverberarsi con discrezione fino alla fine della traccia.
“To gather” si apre con un suono di autoharp, che immediatamente rimanda l’ascoltatore ad una delle immagini che Elisa Montaldo ha inserito all’interno del booklet: sarà che il sotttoscritto è da sempre innamorato di Kate Bush, ma qui c’è davvero un’atmosfera molto coinvolgente, quasi “Sopesa nell’incredibile”, citando un titolo particolarmente caro ai tanti appassionati progsters.
In “Eclectic Rocks” sono le note gravi del pianoforte a dettare subito i tempi, seguite da un fraseggio fluido che si integra alla perfezione con una serie di percussioni volutamente essenziali, ma funzionali al contesto e un assolo di chitarra in stile “hackettiano”.
Una chitarra slide e un synt suonato su una nota grave introducono “Blackgrass”, sicuramente il brano piú movimentato di tutto il cd, in un clima che, a tratti, ricorda certe colonne sonore di film western o, comunque, ambientati negli immensi e assolati spazi del deserto.
Superata la metà del pezzo, ecco una sorta di tenero fuori programma, con un dialogo in inglese (un padre e una figlia?), prima della ripresa del tema iniziale, che si conclude con una tipica svisa di organo hammond.
In “Vodka e limone”, si parte con il pianoforte subito doppiato con le note all’ottava superiore da un glockenspiel, con una melodia particolarmente suggestiva che, a tratti, ricorda alcuni dei temi più suggestivi composti da Nicola Piovani o Ennio Morricone per molte celebri colonne sonore: non a caso, sono presenti anche vari “rumori” e suoni particolari, ottenuti mescolando vari campionamenti.
E’ questo un ottimo esempo di “musica non urlata” (se mi è consentita la licenza poetica…), in cui un tappeto di mellotron ci aiuta a respirare a pieni polmoni la particolarissima atmosfera che Elisa Montaldo ha vissuto nel corso di un recente soggiorno in Trentino Alto Adige.
In “Weeping Willow”, le note iniziali del piano sono quelle piú acute e accompagnano un vocalizzo soave, volutamente sottovoce: la qualità di registrazione è davvero notevole e si puó cogliere e apprezzare ogni respiro e sussulto della voce dell’artista: da brividi.
Cambio repentino di atmosfera con “Robot madness – First meteor of chaos”: ovvero, l`inserto sicuramente piú sperimentale e quasi “industrial” (in particolare per l’uso della batteria) dell’intero cd.
In certi momenti, le sperimentazioni sonore sembrano quasi riecheggiare soluzioni dodecafoniche e comunque post-psichedeliche, un po’ come fecero i Beatles nella traccia “Revolution 9”, presente nel celeberrimo “White Album”: in questo caso, i suoni di fondo sono ottenuti rallentando a mano non solo un vinile di jazz anni 30, ma addirittura registrazioni su nastro di bambini che parlano…
Last but not least: attenzione ai due brani del Tempio delle Clessidre (band di cui Elisa Montaldo è la tastierista, i cui cd sono stati prodotti dalla Black Widow Records di Massimo Gasperini), inseriti come bonus tracks all’interno di “Fistful of planets Part 1” !
Per ciò che riguarda “Notturna”, in particolare, oltre al testo cantato in italiano, si possono apprezzare molte soluzioni sonore già utilizzate da Elisa Montaldo nel capolavoro “Dremong”, inciso nel 2015 da Max Manfredi.
Finale con il botto, poi, visto che in “Danza esoterica di datura”, insieme al Tempio delle Clessidre, l’obiettivo raggiunto è quello di magnificare ed omaggiare tante sfaccettature del panorama progressive del passato, infondendo contemporaneamente, però, anche tanta nuova linfa vitale !
In ordine di ascolto: che meraviglia apprezzare suggestioni dark-prog in stile Goblin, passaggi super-sincopati (che riportano alla memoria non solo un momento molto simile all`interno del brano “Il passo” del Tempio delle Clessidre, ma addirittura certe soluzione adottate da Kerry Minnear insieme ai Fratelli Shullman e agli altri componenti dei gloriosi Gentle Giant) e inserti di pianoforte classicheggiante che faranno la gioia, in particolare, dei tantissimi appassionati che hanno amato suggestioni simili all’interno di molti brani di Emerson, Lake & Palmer e Banco del Mutuo Soccorso…
Il tutto, fino al momento che unisce in modo praticamente perfetto sonorità classic-prog e suggestioni canterburiane: sarebbe molto interessante, a tal proposito, chiedere un giudizio a Richard Sinclair sull’emozionante vocalizzo, presente verso la fine del brano…
Il cd è autoprodotto da Elisa Montaldo e distribuito dalla Black Widow Records di Genova.
Concludendo questa recensione, va sottolineato come sinora si sia detto praticamente poco o nulla a proposito della cover e del boocklet, con gli scatti eseguiti dalla fotografa Chiara Benelli, presente all`interno del cd della splendida Elisa Montaldo: proprio Max Manfredi, qualche anno fa, aveva parlato di “verve, entusiasmo ed eleganza gozzaniana” (Athos Enrile, “Le ali della Musica”, pag. 299).
Il sottoscritto, appassionato anche di cinema, oltre che di musica, si limita, a parafrasare il titolo di un vecchio film di Luciano Salce: basta guardarla e, soprattutto, basta ascoltarla… Chapeau, Elisa !
Gianmaria Zanier